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La nostra storia

La nostra storia

La Fondazione Comunità di Arco affonda le proprie radici storiche negli anni intorno alla metà del 1800. Fin da allora rappresenta uno dei principali settori di intervento in cui si è espressa, creando apposite istituzioni, la sensibilità della popolazione di Arco per le persone più deboli e bisognose di assistenza: anziani inabili al lavoro ed i giovani privi di adeguati sostegni famigliari. 
Di seguito si presentano le origini ed i fini istituzionali dell'Ente come emergono dal suo Statuto.

LE ORIGINI DELL'ENTE

La Fondazione Comunità  di Arco, con sede in Via Strappazocche  n. 18, è sorta dalla fusione, avvenuta nel 1981, della Pia Casa di Ricovero con l'Istituto  della Provvidenza di Arco, delle quali ha assunto le finalità istituzionali adattandole alle nuove esigenze di intervento sociale.

Le origini della Pia Casa di Ricovero di Arco risalivano al 1861, allorquando la Contessa Giulia d'Arco, con testamento olografo nominava suo erede universale il "pro tempore" S.A.R. Principe Vescovo di Trento, affidandogli l'incarico di provvedere, con detta eredità, alla creazione di un Istituto, ove potessero trovare adeguata sistemazione uomini, donne e giovani di ambo i sessi incapaci di provvedere al proprio sostentamento, purché residenti nei comuni di Arco, Oltresarca e Romarzollo.
La Presidenza dell'Istituto era, per volontà del fondatore, riservata di diritto all'arciprete "pro tempore" della parrocchia di Arco.
Il patrimonio dell'Ente acquistava, in seguito, maggiore consistenza con i lasciti dell'arciprete di Arco Don Eliodoro Degara, di Carlotta degli Althamer, di Bortolo fu Bortolo Toniotti, di Luigi fu Luigi Mattei, di Luigi fu Antonio Mattei, di Petronilla Andreotti, di Luigi Dal ponte e di Giacomo Pellegrini.

Le origini dell'Istituto della Provvidenza risalivano al 1845 allorché, l'arciprete del tempo, destinò il suo cospicuo patrimonio di famiglia alla fondazione di un Ente, avente lo scopo di provvedere alla educazione religiosa, morale e professionale dei ragazzi di ambo i sessi, orfani o abbandonati dai genitori.
L'Istituzione si ingrandì, posteriormente, in seguito a numerosi lasciti e donazioni, tra i quali notevole, quello della Contessa Maria Emanuela d'Arco, figlia del Conte Leopoldo e della Contessa Giulia d'Arco, nata Marchesa Carlotti, ultima erede del nobile casato, morta suora della Carità di San Vincenzo de Paoli, che con testamento olografo lasciò, in data 30 agosto 1861, metà del suo patrimonio all'Istituto della Provvidenza di Arco.
Con atto di fondazione datato 12.07.1874, vistato dalle competenti autorità austriache, in data 04.02.1875, l'Istituzione venne riconosciuta come Ente Pubblico di Assistenza e Beneficenza.

La sua amministrazione venne affidata ad un Consiglio, di cinque membri, quattro dei quali rappresentanti i Comuni di Arco, Oltresarca e Romarzollo, ed un quinto rappresentato dall'arciprete "pro tempore" della parrocchia di Arco, al quale furono riconosciute di diritto le funzioni di Vice-presidente, qualora non ne risultasse Presidente.
La Fondazione Comunità di Arco è una Istituzione Pubblica di Beneficenza ed Assistenza derivante dalla fusione dei due Enti originari: Pia Casa di Ricovero e Istituto della Provvidenza.

I FINI ISTITUZIONALI

La Fondazione Comunità di Arco ha lo scopo:
a) Di provvedere all'accoglimento ed al mantenimento in Centri di servizi sociali dei cittadini versanti in particolari condizioni di bisogno e residenti nel territorio comunale;
b) Di attuare altri interventi atti a soddisfare le necessità di sostentamento, educazione ed inserimento dei giovani, residenti nel Comune di Arco, nel loro ambiente sociale, procurando di eliminare ogni causa di emarginazione;
c) Di collaborare con gli Enti operanti a livello comprensoriale e provinciale per promuovere la creazione di servizi sociali e assistenziali in favore di giovani bisognosi di qualsiasi età.

LA MISSIONE DELL'ENTE

La missione che la Fondazione Comunità di Arco è impegnata a realizzare verso persone bisognose riguarda la gestione di servizi residenziali e semi residenziali con la tensione costante al loro miglioramento in termini di efficienza, efficacia, economicità ed appropriatezza.
Essa inoltre collabora con altri Enti per la realizzazione di servizi sul territorio a persone bisognose, in collaborazione con il servizio di assistenza domiciliare comprensoriale e promuove iniziative idonee ad integrare la rete assistenziale provinciale e comunale per garantire ai giovani il superamento di fattori condizionanti la loro crescita e formazione professionale, per il loro migliore inserimento nel mondo del lavoro e della società civile.
La filosofia data all'impostazione dei servizi si basa sulla convinzione profonda e condivisa del valore intrinseco di ogni persona, caratterizzata da una specificità unica ed irripetibile, non riducibile al complesso dei suoi bisogni materiali.
L'orientamento dell'Ente è quello di tradurre nel modo migliore questa peculiare cultura gestionale, nelle procedure operative, nei protocolli scritti e negli standards di servizio e soprattutto nei rapporti fra il personale e gli utenti dei servizi.
Essa considera acquisiti i principi normativi espressi dalle norme nazionali e provinciali in materia di assistenza.

Per la realizzazione di questa "mission" tutti i servizi sono improntati al rispetto ed alla promozione dei seguenti principi fondamentali:

Uguaglianza: dei diritti degli utenti, nel senso che i servizi vengono erogati secondo regole uguali per tutti, senza discriminazioni di età, sesso, lingua, religione, status sociale, opinioni politiche, forme di handicap.
Deve essere garantita la parità di trattamento a parità di condizioni del servizio prestato, a tutti gli ospiti delle strutture assistenziali ed agli utenti degli altri servizi. 
Personalizzazione: l'approccio alle problematiche dell'ospite e degli utenti dei servizi è di carattere personalizzato, per garantire la massima efficacia possibile dell'intervento assistenziale. Essa si traduce, in particolare per gli ospiti dei servizi residenziali, in progetti assistenziali individuali sia a livello sanitario, assistenziale e di animazione. Questi progetti rappresentano un importante strumento e riferimento per la conoscenza dell'ospite e per la promozione degli interventi ritenuti più idonei a potenziare, mantenere e migliorare le residue capacità vitali, tendendo, nella misura del possibile, al raggiungimento dell'obiettivo della sua completa riabilitazione. La domanda di personalizzazione degli interventi dovrà essere accolta e realizzata nel rispetto delle regole della convivenza e dell'uguaglianza degli ospiti.
In particolare l'ospite ed utente dei servizi dovrà essere chiamato in modo rispettoso, ascoltato, informato, protetto. I servizi di volta in volta assicurati dovranno essere spiegati e motivati per evitare qualsiasi sensazione di costrizione. 
Imparzialità: il comportamento degli operatori dovrà essere improntato a garantire prestazioni uguali a parità di bisogno. Non sono ammesse mance o altre regalie, da parte degli utenti dei servizi o dei loro parenti, tese ad ottenere un trattamento assistenziale di favore.

Trasparenza: l'Ente garantisce la conoscenza degli atti amministrativi attraverso la loro pubblicazione all'Albo e quindi con la possibilità di prenderne visione e, secondo le norme previste dallo specifico Regolamento, ottenerne copia. Gli uffici amministrativi sono impegnati a garantire la chiarezza e la tempestività dell'informazione richiesta, salvaguardando nel contempo la riservatezza dei dati. 
Qualità della vita dell'ospite: l'obiettivo primario dell'Ente è quello di farsi carico delle problematiche dell'anziano non autosufficiente, assicurandogli un insieme di servizi che permettano di garantire a livello ottimale:

- l'assistenza sanitaria
- l'igiene e la cura della persona
- l'alimentazione adeguata alle specifiche esigenze dietetiche
- la rieducazione funzionale
- l'assistenza di base, l'animazione e la vita di relazione
- l'assistenza religiosa e spirituale
- il comfort alberghiero
Efficacia, efficienza e qualità dei servizi: l'Ente persegue il livello massimo ipotizzabile di potenziamento, o di mantenimento, del grado di autonomia residua dell'anziano non autosufficiente, attraverso il miglioramento continuo della qualità complessivamente erogata, con i suoi servizi, utilizzando nella misura più economica possibile tutte le risorse disponibili.

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Pubblicato il: Giovedì, 05 Aprile 2018 - Ultima modifica: Lunedì, 06 Agosto 2018
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